circuito di milano marittima
I grandiosi scenari delle nostre città non vengono osservati da nessuno , perché qualsiasi “qualcuno” vi è egli stesso coinvolto (…). Noi invece costruiamo un’impalcatura, in un luogo aperto e accessibile da tutti i lati, che è la macchina visiva. Questa impalcatura offre ai corpi in gioco tutte le possibilità di movimento(…)La città reale è già teatro totale. M. Tafuri
Il tema della riqualificazione urbana di Milano Marittima pone alcuni quesiti chiari e palesi, l’attestazione di questa limpidità sta nel fatto che il luogo è suddiviso per macro-aree definite e circoscritte; il litorale, il comparto edificato, la pineta, l’area agricola, la saline. La peculiare distinzione di zone identifica il quesito nella ricerca di una relazione tra le parti e la risposta progettuale sintetizza tale relazione attraverso il nuovo piano della mobilità di connessione tra queste.
L’impiego dei mezzi ciclabili diviene la modalità di spostamento privilegiata e di raggiungimento delle zone di maggior accrescimento e sviluppo urbano. La letteratura sull’uso diffuso della bicicletta nei contesti urbani è ampia e va declinata di volta in volta nel contesto specifico tuttavia permangono le argomentazioni circa la riduzione di inquinamento atmosferico, il risparmio economico, la salute personale, il cambiamento dei tempi di spostamento, il variare delle condizioni di vita quotidiane ma ciò che si vuole porre come principio risolutivo di questo progetto è l’impiego della bicicletta, nel senso di mezzo a bassa tecnologia, come modalità di riferimento della mobilità nel contesto di un rinnovamento urbano.
Immaginare una pianificazione ed uno sviluppo della città in funzione di spostamenti lenti e finalizzati alla visione ed alla visita della città stessa; certamente questo in riferimento alla peculiare capacità turistica di Milano Marittima ed al carattere di connessione ciclabile inter-provinciale della pineta e del litorale romagnolo come sistema vasto.
Il progetto si fonda nella definizione della mobilità ciclabile come sistema di scambio primario e collettivo a basso impatto ambientale ed a grande rilievo paesaggistico; questo intento produce certamente la riduzione della viabilità veicolare nei luoghi abitati e nella fascia litoranea ma centralmente trova la risoluzione alla questione necessaria delle connessioni tra le distinte aree che formano Cervia ed in modo notevole Milano Marittima.
Un circuito ciclabile continuo che si estende percorrendo tutte le zone della città e organizza una visita turistica complessiva, in un percorso di 13 km che attraversa tutte le diversità ecologiche e, al contempo, interseca la rete ciclabile urbana del nuovo sistema della mobilità e quella intercomunale, che attraversa la pineta in direzione nord-sud.
Il circuito diviene così, non solo spostamento, ma museo a cielo aperto della realtà locale, che non si presenta esclusivamente come località marittima e stagionale ma come luogo complesso e stratificato che aggiunge altro alla capacità turistica, divenendo teatro di sé, dove lo spettatore in movimento muta scena e scenografia, dal litorale alle colonie, dalla salina alla città antica. Il circuito ad anello è costituito da manufatti infrastrutturali diversi al mutare del luogo che la pista percorre e si declina ogni volta al variare delle condizioni ambientali e funzionali, come di seguito descritti.
L’andamento della corsia ciclabile nella fascia costiera occupa un sedime parallelo al litorale, posto tra gli stabilimenti balneari e la fascia degli edificati di prima linea, di fatto il sedime delle aree in fregio alle attività turistiche che sono, oggi, massimamente sede di parcheggio veicolare, senza delimitazione, su terra battuta.
La scelta è quella di elevare alla quota costante di 3.25 metri dal suolo la pista ciclabile, in tal modo l’infrastruttura sopraelevata è al di sopra degli stabilimenti balneari e permette la continuità visiva del litorale e garantisce la primarietà di percorrenza poiché priva di connessioni in quota con il traffico motorizzato.
L’infrastruttura è suddivisa in due corsie a senso di marcia opposto per i cicli con larghezza di 2.20 metri ciascuna e una sede pedonale, con una sezione di percorrenza di larghezza 2 metri.
Il manufatto è composto, in fase preliminare, da una struttura in acciaio assemblato che, organicamente, figura le sue componenti tettoniche di appoggio e di sospensione in modo continuo con un andamento sinuoso curvilineo; gli attacchi a terra si alternano ogni 50 metri verificando la luce di resistenza alla flessione della campata con elementi parapetto che fungono da trave del sistema.
I parapetti sono completati da vetri che servono da piano di diffusione dell’illuminazione notturna, in modo che sia integrata al complesso infrastrutturale e non infici su sistemi di illuminazione in quota della strutture alberghiere.
Gli accessi pedonali alla quota avvengono attraverso rampe scale integrate agli attacchi a terra della sopraelevata, gli ingressi ciclabili avvengono attraverso le grandi strutture pubbliche distribuite sulle aree del canale, di via Rossini, via Forlì, piazza Torino, traversa XV pineta e area adiacente la colonia Varese. In queste aree sono inseriti sistemi edilizi che fungono da rampa di accesso in quota e da funzionalizzazione per attività correlate al turismo e al commercio. Nel caso di piazza Torino, rappresentato negli elaborati grafici, un edificio con la copertura inclinata ed agibile serve la pista ciclabile ed un'altra appendice del corpo edilizio si eleva con una copertura gradinata, accessibile liberamente, che funge da teatro all’aperto e da punto di vista privilegiato verso il mare.
La relazione tra edificio e connessione con la via sopraelevata è un tema che tiene strettamente correlate la mobilità turistica con la fruizione della singola struttura; questo sistema garantisce l’afflusso programmatico al servizio che può essere insediato negli edifici con questi caratteri, tipologicamente adatti per un programma funzionale sia di stretta pertinenza turistica, sia di attività commerciale a gestione privata.
Altri passaggi ciclabili costituiti da rampe di accesso esclusivo sono posti perpendicolarmente alla pista, lungo le vie trasversali a questa, ed in prossimità dei cambi di direzione del sedime di percorrenza della sopraelevata.
Nella sezione di carreggiata sono posti vani di scorrimento per impianti che possono avere anche utilità civili diverse da quelle intrinseche del funzionamento dell’infrastruttura.
Nella fascia costiera oggetto di studio ci sono insediate 45 attività ricettive site in edifici di prima fascia litoranea; il carattere tipologico che accomuna, tranne qualche caso, questi edifici sono le sale collettive posto al primo livello fuori terra, prevalentemente vetrate con vista aperta verso il mare, dove sono ubicati le sale da pranzo e i soggiorni comuni degli hotel.
Sommariamente la quota di questi saloni in affaccio sul mare corrisponde con la quota della pista sopraelevata e, come detto, a questa stessa quota corrispondono anche i livelli di copertura dei piccoli fabbricati di servizio alle attività balneari.
Dunque una possibilità di recupero di tutta la fascia tra le spiagge e gli alberghi avviene alla nuova quota elevata che connette trasversalmente i piani giorno degli hotel con le strutture dei bagni che, rinnovati, si dotano anche di strutture apogee, sia per la ristorazione che per le attività di fitness o di relax, destinando i vani tecnici, attualmente disposti sulle coperture in locali coperti alla quota del suolo, rendendo fruibili e liberi alla vista i piani di copertura nuovamente attrezzati e dai quali si accede direttamente alle spiagge.
Un percorso privilegiato per l’ospite dell’hotel che raggiunge la balneazione senza uscire dalla struttura che lo ospita, una qualità strutturale incrementata per le attività balneari ed anche una connessione facilitata per i fruitori della pista ciclo-pedonale.
La quota elevata di questo sistema corrisponde al livello di rinnovamento di tutta la fascia costiera; la nuova infrastruttura garantisce le connessioni longitudinali a basso impatto ambientale e di uniformità paesaggistica, ipoteticamente continue sul litorale anche oltre l’area di progetto; al contempo l’andamento trasversale della pista innesca la rigenerazione delle strutture turistiche di iniziativa privata oltre a modelli di sviluppo che possono produrre un rinnovamento ambientale di tutta la marina di Milano Marittima.
Le aree sottostanti, con particolari condizioni di concessione possono restare di pertinenza gestionale delle attività ricettive e balneari o, nei casi di maggiore estensione, integrare il sistema di vegetazione urbana con nuove aree a parco per il reinserimento di specie arboree e arbustive autoctone, in ideale prosecuzione della pineta.
Perché far passare una passerella sopraelevata dentro ad un edificio dismesso, in condizione di rudere?
Lo stato contingente della colonia Varese presenta un rudere inaccessibile in progressivo decadimento strutturale, scenografia apocalittica di un tratto di spiaggia e stratificazione ormai secolare di un luogo denso di memoria e di avvicendamenti storici.
Questo edificio rappresenta un caposaldo nella grande letteratura dell’edilizia delle colonie novecentesche nella Romagna rivierasca, sia per il suo valore intrinseco di ricerca architettonica contestuale al suo momento storico sia di peculiarità di insediamento a più vasta scala. La colonia Varese, assieme alla vicina colonia Montecatini, testimoniano una passaggio fondamentale nella lontana vicenda che raccoglie i vari approdi che l’uomo ha avuto nell’antropizzazione delle fasce costiere.
Il valore che questo edificio contiene, anche attraverso le sue rovine, è tanto grande che anche un’improbabile azione di ristrutturazione complessiva ne sottrarrebbe una gran parte; nel presupposto ipotetico di stabilire un programma di rifunzionalizzazione e di finanziamento di questa, certamente qualcosa di ciò che rappresenta questa colonia sfuggirebbe nella sua evoluzione. Questo non esclude in maniera totale un intervento edilizio consistente, l’architettura quando interviene in un luogo già costruito difficilmente aggiunge senza togliere ma, in un contesto che sembra precludere qualsiasi azione massiva su questo fabbricato, il progetto tenta di cogliere un’opportunità che, al pari di un lieve intervento strutturale, estraneo all’architettura del rudere, amplifica i grandi significati di cui la colonia stessa è portatrice.
L’intento progettuale trova la sua risoluzione in questo stato di inafferrabilità che la colonia non può ormai risparmiare. Una pista ciclo-pedonale sopraelevata, che compone un tratto del più ampio circuito di progetto, si innesta dal percorso delle spiagge, attraversa in quota i ruderi della colonia e si ricongiunge nella pineta retrostante.
La connessione con l’infrastruttura litoranea avviene alla quota di 3,25 metri, la tipologia strutturale varia, riducendo la sezione di percorrenza a 4 metri di larghezza e definendo punti di appoggio puntuali, a pali distanti tra loro tra 8 e 12 metri; l’andamento del percorso curva in direzione ovest e la rampa con una inclinazione del 10% raggiunge l’altezza di 6,20 metri di altezza che stabilisce la quota utile di attraversamento del corpo edilizio centrale della colonia, che in origine ne caratterizzava la distribuzione verticale attraverso rampe che connettevano le due ali dei dormitori ed ora, privato dei tamponamenti murari, che ne mutano il carattere architettonico, sono la componente più significativa dell’impatto scenografico che concede il rudere al visitatore.
L’attraversamento nella posizione centrale del rudere e poi al di sopra della corte interna ne permette una percezione complessiva delle sua forma e delle sue dimensioni; l’intervento di fatto consiste nell’approcciare il luogo con intento archeologico (fatto che non potrebbe avvenire nel caso dell’attigua colonia Montecatini), in questo senso, nel progetto, il percorso museografico si compie con un parapetto che funge da supporto per una galleria a cielo aperto di immagini di repertorio.
La disciplina normativa sulla conservazione del luogo è compatibile con l’intervento di una passerella ciclabile sopraelevata che pone i suoi attacchi a terra prevalentemente al di fuori del sedime del rudere; in altra maniera, resta invece più complesso il tema della sicurezza in materia di visitabilità nella fase di attraversamento della struttura sopraelevata nel corpo di fabbrica centrale. Sebbene questo avvenga per una tratto non più lungo di 5 metri, è da prevedere un intervento che garantisca la sicurezza strutturale, di questo tratto.
Oltre la colonia, il percorso confluisce nella zona della pineta, allo stato preliminare dl progetto non è previsto un attraversamento in quota di viale Matteotti poiché questa strada non è ad alto scorrimento e non impedisce la continuità privilegiata del circuito ciclabile.
Il percorso si svolge attraverso il bosco per un’estensione di circa 400 metri, la passerella posta su singoli appoggi puntuali, si snoda tra gli alberi con andatura irregolare e di poco sopraelevata, dalla quota a raso fino ad un massimo di circa 1,10 metri; questa modalità permette di non incidere significativamente sullo sviluppo ecologico del sottobosco, di mantenere prevalentemente piano il percorso e di poter essere fruito anche da mezzi muniti di ruote non adatte allo sterrato. Laddove la passerella interseca i sentieri esistenti, questa è raccordata alla quota del suolo per consentire la connessioni delle reti viarie.
In questo tratto, la pista ciclabile si qualifica attraverso l’uso del legno come materiale d’impiego, la sezione varia da 1,8 a 2,5 metri di larghezza, il sistema costruttivo è ordinario con appoggi a terra puntuali fissati a secco nel terreno, travi in legno lamellare e orditura secondaria in assito a sezione variabile. Questo principio costruttivo è finalizzato alla riduzione minima dell’impatto ambientale nel massimo contesto naturistico di tutto il circuito.
Nella zona agricola, tra la pineta e le grosse infrastrutture ferroviaria e carrabile, il percorso ciclabile si svolge a raso nel medesimo sedime di divisione tra i campi di via delle Aie; in quest’area, l’unica destinata a nuovi insediamenti, viene assurto come modello di sviluppo la preesistenza costituita dal Woddpecker.
Quindi non edifici a blocco e tessuti urbanizzati densi ma piattaforme isolate e coperture ridotte. Sono ipotizzati oltre al programma di nuovo utilizzo culturale del Woodpecker, attrezzature per lo sport a cielo aperto per le stagioni calde ed al chiuso per l’utilizzo annuale.
Nella struttura rappresentata negli elaborati grafici, si figura un edificio con doppio affaccio dalla pista ciclabile in quota che lo attraversa, sottostante questa i locali spogliatoio e di servizio alla struttura; da un lato la copertura disegna solo l’orditura primaria per attività ludico sportive all’aperto con delle tribune accessibili anche dalla rampa ciclabile; dall’altro lato l’edificio è chiuso, l’ampia copertura è orientata per l’installazione di un impianto fotovoltaico e le attività sono svolte al chiuso.
Le strutture di questo comparto reagiscono tipologicamente con il passaggio delle corsie ciclabili, dunque tutti gli spazi ed i volumi hanno una relazione necessaria con il passaggio dei mezzi ciclabili, che resta il mezzo primario della mobilità a conferma del modello insediativo puntuale a piattaforme circoscritte e distanti tra loro, che non necessità di una impattante rete di connessione ed a cui corrisponde anche una massiccia riduzione di utilizzo del suolo ed un significativo contenimento di indici fondiari. Il mezzo motorizzato è impiegato per l’uso di servizio e per specifiche condizioni di raggiungimento attraverso via delle Aie.
Il passaggio dell’anello ciclabile attraverso le infrastrutture esistenti della ferrovia e della strada Statale Adriatica avviene in continuità con l’andamento di via delle Aie. Gli attraversamenti avvengono con dei ponti dimensionati al passaggio dei mezzi di trasporti pertinenti.
Negli elaborati grafici viene rappresentato un ponte ciclopedonale che attraversa la strada con una sospensione di 42 metri, attraversando con unica campata tutta la carreggiata e gli spazi attigui di servizio alla strada.
Una forma sinusoidale per un ponte dalla riconoscibile forma iconica, rappresenta la porta nord della città come segno distintivo lungo la via ad alta percorrenza.
Il manufatto è in acciaio composito, presenta due sedi di passaggio della larghezza di 2 metri ciascuna, la capacità tettonica è svolta da un sistema tripartito di travi , due laterali con altezza di 1,90 metri che fungono anche da parapetti ed uno centrale con la medesima sezione ma posto ad una quota più alta che attraverso dei tiranti lega a sé la sezione di carreggiata e diventa collaborante con tutti gli elementi costituenti il ponte in un unico complesso architettonico.
Un altra caratteristica di questo ponte è l’andamento curvo nella proiezione planimetrica; verso mare connette una via perpendicolare alla strada statale, verso la salina, connette una via parallela a questa.
La via ciclabile principale costeggia la zona delle saline lungo il perimetro est, qui si integra e si innesta una rete che si sviluppa lungo gli argini che dividono le grandi vasche di raccolta delle acque e che si dirama in tutta l’area fino al ricongiungimento con la direttrice in corrispondenza del canale, attraverso cui il sottopassaggio esistente di via Bova, connette la via ciclabile principale alla città edificata.
Una via che si sviluppa lungo il canale, fino alla darsena, passando per il centro storico e la zona dei magazzini del sale completa il percorso circuitale e compie il percorso turistico complessivo della città fino all’innesto con la sopraelevata delle spiagge.
L’anello preferenziale del circuito ciclabile viene intersecato da una rete ciclabile che serve tutte le zone della città, sia in senso nord-sud, anche attraverso la pineta, che in senso est-ovest servendo tutte le aree residenziali.