timeo danaos et dona ferentes
Casabianda
Corsica
Il teatro epico deve privare il palcoscenico del suo effetto contenutistico.
W. Benjamin
Dobbiamo dire dunque che la forma è vuota, ch’essa si presenta come una cifra errante nello spazio all’inseguimento d’una misura che la fugge? Per nulla affatto. La forma ha un senso che e tutto suo; un valore personale e particolare che non bisogna confondere con gli attributi che a questo vengono imposti. Essa ha un significato e riceve delle accezioni. Una massa architettonica, un rapporto di toni, una macchia di pittura, un tratto inciso esistono e valgono in primo luogo per se stessi: hanno una qualità fisionomica che può presentare vive rassomiglianze con quelle della natura, ma che non si confonde con questa. Tirare a coincidere forma e segno, è ammettere implicitamente la distinzione convenzionale tra la forma e il fondo; che minaccia di portarci fuori strada, se dimentichiamo che il contenuto fondamentale della forma è un contenuto formale. Lungi dal pensare che la forma sia la veste fortuita del fondo, diremo che sono le diverse accezioni di quest’ultimo ad esser incerte e mutevoli. Di mano in mano che si sfanno e si obliterano i vecchi sensi, s’aggiungono alla forma sensi nuovi. La rete di ornamenti in cui vengono ad impigliarsi via via gli dei e agli eroi successivi della Mesopotamia, cambia il nome senza cambiar di figura.
H. Focillon
La figura e la sostanza delle pietre del fulmine variano a seconda dei luoghi. Le tribù nomadi dei Mongoli le usano come fossero di rame o di acciaio [...]. In un romanzo dell’epoca dei T’ang si legge che a Yu-men-si esisteva un grande tempio dedicato al tuono, e che la gente del posto vi portava offerte di materiali diversi per ottenere quelle pietre. È una storia ridicola, le pietre del fulmine sono metalli, pietre, ciottoli, che il fulmine ha trasformato frantumandoli improvvisamente e unendo indissolubilmente sostanze diverse.
K’angh-hsi
Di solito si è inclini a pensare che il restauro di un’opera d’arte, soprattutto se si tratta di un monumento pubblico, sia una questione principalmente di decoro o di orgoglio civico ma, se si investono tempo, danaro ed energie in qualcosa d’antico, e perché si sta entrando in un rapporto nuovo col passato, implicitamente o esplicitamente, sentiamo rivolgersi a noi, con un’insistenza persuasiva maggiore che in un contesto libero. La storia ripete se stessa in un modo speciale quando questo particolare dialogo tra tempi riguarda un’opera già colma di echi storici questo però non è il nostro caso: qui, infatti, il passato non è materico ma letterario, qui l’antico non è millenario ma decennale, qui l’archeologia non è originale ma sentimentale.